30/06/21

Auditorium Parco della Musica

Stefano di Battista torna alla Casa del Jazz con il suo nuovo progetto dal titolo Morricone Stories. Le musiche da cinema di Ennio Morricone sono una miniera inesauribile, un tesoro di fantasie del pensiero associate a immagini di ogni genere, e sono anche oltremodo versatili, disponibili a essere trattate, ritrattate, riscoperte. Potremmo ascoltarle fatte da un coro bulgaro o da un quintetto di ocarine, sarebbero comunque godibili e perfettamente riconoscibili. Ma quando c’è di mezzo il jazz… beh, quella è un’altra storia, sembra davvero un matrimonio perfetto, naturale, diciamo pure inevitabile. Anche grazie a una perfetta analogia. La musica di Morricone significa esaltazione di tracce melodiche spesso fortemente emozionali, in una trama di armonie intelligenti, ed è esattamente quello che fa il jazz, e ancora di più quello che fa uno come Stefano Di Battista, che con i temi del Maestro ci gioca come se fossero materia magica, sostanza di quella speciale e misteriosa zona della musica che ci riempie quasi inspiegabilmente l’anima. E non c’è neanche per forza bisogno di attingere ai colossi dell’immaginario cinematografico. Stefano ha scelto in qualche caso temi marginali, o meglio film marginali oppure dimenticati, come Veruschka o Cosa avete fatto a Solange, tanto per scavare meglio in un repertorio ancora tutto da scoprire e ricordare che al di là delle celebrità, Morricone di film ne ha fatti più di cinquecento. Ricercatezze certo ma molto preziose, e naturalmente c’è il godimento puro di ascoltare temi che conosciamo benissimo che diventano perfetti standard jazz, come Metti una sera a cena, swingante e ironica, oppure Il buono il brutto e il cattivo che si rivela come un duello di improvvisazioni, col sax che prende la parte di quel breve spunto di note che all’origine fu ispirato dal verso del coyote, prima di sciogliersi nell’emozione purissima del Tema di Deborah di C’era una volta in America, che è una delle più belle invenzioni di Morricone, alla quale teneva moltissimo perché esprimeva molto bene il suo ideale di melodia scritta con un esiguo numero di note col massimo risultato. Per non dire della delicata rilettura di The mission, con un elegante passaggio dall’oboe originale al sax soprano, fino alla sorpresa di un inedito, un pezzo intitolato Flora, che il Maestro regalò a Di Battista. Alla fine pare un meccanismo perfetto, che potrebbe continuare per altri dischi, come una serie, come se una parte del pensiero di Morricone fosse stata sempre, magari senza saperlo, votata al jazz.

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